PENS è un’interessante ricerca che ha l’obiettivo di superare il concetto di “fun” per focalizzarsi sui bisogni psicologici che i giochi riescono a soddisfare.
La tesi elabora delle tipologie di metriche in grado di valutare il grado di soddisfazione dei giocatori, aspetto importante per i game developer che necessitano di una profonda comprensione delle dinamiche psicologiche sottese alle attività di gioco. Competence, autonomy e relatedness sono fattori chiave in un’esperienza videoludica e possono legarsi alla teoria dei 7 peccati capitali applicata ai games.
E’ possibile spingersi ancora più avanti, sviluppando entrambe le teorie verso i social game, vero campo d’interesse per l’odierno game design.


Competence – Wrath / Greed / Lust / Gluttony
Padroneggiare le meccaniche di un gioco conferisce all’utente la sensazione di dominio del sistema, soprattutto quando il design complessivo è stato calibrato correttamente, al punto da riuscire a bilanciare in modo appropriato l’abilità con la progressione delle sfide proposte. La competenza del designer si evidenzia anche nell’introduzione dell’utente al gioco, ovvero nell’interfaccia e nelle sue regole più basilari. E’ un aspetto fondamentale in ambito social in quanto è fondamentale la presenza di un’interfaccia chiara e pulita per fornire le informazioni al giocatore. L’utente non vuole essere “aggredito” ma accompagnato dall’interfaccia all’interno del gameplay.
La competenza del designer è legata anche ai meccanismi di feedback. Dare risposte immediate alle azioni compiute dal giocatore consente di influire direttamente sulla sua sensazione di appagamento e soddisfazione. Ciò è evidente nel “granular loop” dei social game, nei quali ad ogni minimo sforzo l’utente viene ricompensato e in questo modo è tenuto costantemente agganciato all’esperienza. Rinforzare ed incoraggiare la sua attività mediante feedback positivi che riflettono le sue scelte, oltre a garantirgli larghi compensi per il completamento delle azioni (completition-reward, ovvero, maggiore senso di competenza) o per il semplice fatto di averle intraprese (engagement-reward, ovvero, maggiore gratificazione a giocare), sono meccanismi che in contesti single player e multiplayer-social inducono l’utente a tornare anche nel lungo periodo. Non solo: i giocatori manifestano la loro bravura (achievement) nelle sessioni di gameplay comunicando tra loro sui traguardi raggiunti.
Nei social game non è tanto la sfida ad essere modellata in questa direzione (le meccaniche sono alquanto elementari) quanto il suo contorno, quello che la precede, la accompagna e la segue: l’interfaccia, i feedback positivi e la possibilità di mostrare la propria bravura in game. Se combiniamo i meccanismi di rinforzo positivi con un contesto ludico competitivo otteniamo una miscela esplosiva per le dinamiche dell’ira e della cupidigia. Il desiderio di primeggiare, nonché la propensione all’accumulo di beni per potenziarsi e di achievement di ogni tipo, si legano indiscutibilmente alla competenza del giocatore, incentivato anche mediante feedback positivi ad intraprendere nuove attività. Se riusciamo ad elargire ricompense casuali dopo un certo numero di sfide o di tempo speso a giocare, oltre a sorprese inaspettate (quindi nascoste all’utente) per chi riesce ad emergere (completition-reward), porteremo i giocatori ad essere spronati a proseguire nell’esperienza, soprattutto se anche l’utente “sconfitto” (quello cioè che non ha conseguito il risultato richiesto) ottiene un qualche tipo di premio (engagement-reward).
L’avarizia conferisce senso di benessere, una certa “tranquillità interiore” al giocatore, che trasportata in un contesto competitivo si traduce in una sensazione di “difesa”, ottenuta grazie ai giusti bonus e power-up a disposizione, elementi che a loro volta veicolano un senso di protezione dagli elementi esterni (“siamo ben equipaggiati, abbiamo le provviste che ci servono, siamo in una condizione sicura”). Se il livello di sfida cresce esponenzialmente il giocatore verrà portato ad accumulare ulteriormente quanto è possibile raccogliere, ma non solo: sarà spinto a consumare di più (gola) per fronteggiare i rischi delle azioni che deve intraprendere e rimanere all’altezza delle nuove sfide, siano queste altri utenti od il gioco stesso che gli pone davanti delle scelte.
La lussuria invece si basa su meccaniche differenti, cioè sul senso di gratificazione immediato: se il giocatore vuole, ad esempio, “l’armatura del drago” che lo ponga in una posizione di vantaggio rispetto agli avversari, senza però voler dedicare tempo ed energie alla sua ricerca, può pagare in qualunque momento una somma predeterminata per ottenere ciò che desidera senza fatica. In questi casi si tratta principalmente di bonus straordinariamente potenti e vantaggiosi, desiderabili soprattutto se permanenti e non usa e getta, in grado cioè di persistere ed influire sul gameplay per una quantità indefinita di tempo. Questo conferisce una forte sensazione di “dominio”, di controllo, in quanto il giocatore si trova nella posizione di poter elargire a se stesso vantaggi permanenti previo pagamento. Un “sacrificio” considerato assolutamente sostenibile da moltissime fasce di utenti.

Autonomy – Sloth
L’autonomia riguarda la capacità decisionale e la possibilità di scelta su come agire nel gioco. La percezione del libero arbitrio è una chimera presente in molti titoli open-ended, in quanto il giocatore è sempre e comunque vincolato ad una precisa serie di opportunità pre-impostate.
Per autonomia possiamo quindi intendere la somma delle opportunità/possibilità d’azione a disposizione del giocatore. In un’ottica tradizionale di design, questo può tradursi con le opzioni di interazione tra gli oggetti del mondo di gioco e le regole che ne sostengono le relazioni: creare il giusto numero di possibilità di interazione tra il sistema (insieme di regole e sottoinsieme di relazioni) ed i verbi del giocatore (ciò che il giocatore può fare all’interno del gioco), dà vita al cosiddetto “gameplay emergente”.
Tuttavia in ottica social questo concetto di autonomia è del tutto diverso, in quanto le opportunità per il giocatore sono quelle tipiche del genere gestionale. Non si parla di un vero e proprio gameplay emergente: la libertà di scelta riguarda elementi quali la personalizzazione dell’avatar, del proprio possedimento o degli oggetti da acquistare. Le azioni possibili possono essere molte (ad esempio sfide e quest) ma non sono quasi mai sostenute dal tradizionale livello di interattività , che vede la simulazione concreta degli elementi del mondo di gioco come manifestazione diretta delle regole imposte dal designer.
Possiamo invece parlare di autonomia intesa come processi di automazione. Facendo leva sull’accidia vendiamo comfort al giocatore: è lui stesso a barattare i suoi “click” (cioè la sua libertà di scelta) a favore di un “controllo” esterno capace di fargli risparmiare tempo. Questo processo automatico rappresenta già di per sé una conquista. Tuttavia, quale sarebbe il risultato se il giocatore venisse ulteriormente premiato, una ricompensa cioè che vada oltre il semplice fatto di “aver risparmiato tempo”? I Feedback positivi gratificano l’esperienza ad ogni azione intrapresa: il giocatore sarà a sua volta invogliato a replicare l’azione che ha garantito la ricompensa. Come sempre occorre valutare attentamente il peso del premio ed il suo impatto sul gameplay.

Relatedness – Vanity / Envy
Ovvero il desiderio di connettersi con gli altri in maniera autentica, di supportarsi vicendevolmente. Nel PENS si fa riferimento anche al termine “immersione”, differenziandolo in tre sotto-categorie (immersione fisica, emotiva e narrativa): è tuttavia opportuno menzionare un altra sotto-categoria dell’immersione, fino ad ora tralasciata, cioè quella “sociale”. Le meccaniche social sono infatti attualmente alla base della larga maggioranza dei titoli di maggior successo. Occorre quindi dare il giusto peso a questa variante in modo da valorizzarne adeguatamente gli elementi costitutivi all’interno del gameplay. E’ grazie alle dinamiche social che la monetizzazione, elemento di primaria importanza all’interno di questa tipologia di giochi, raggiunge la massima resa.
Un esempio noto è quello di Ravenwood Fair, che durante un breve periodo di inaccessibilità ai canali virali, sebbene i giocatori continuassero a giocare e ad entrare nel suo store, subì un brusco ed inaspettato calo delle revenue. Questo avvenne poiché, nonostante il gioco funzionasse correttamente in termini di gameplay, di fatto scomparve il “senso di presenza sociale”. I concetti di vanità ed invidia sono strettamente legati alla socialità, in quanto mostrare i propri achievement ed avere accesso ai risultati degli avversari sono ottimi motori in grado di generare la spinta per proseguire nell’esperienza. Se le sfide vengono progettate al fine di avvalorare l’immersione sociale (ad esempio “invita 5 amici per ottenere più punti e moneta virtuale”) non avremo vanità ed invidia, ma una cornice sociale che si ripercuote sul gameplay e sulle possibilità di azione a disposizione del giocatore. Per quanto queste dinamiche non siano preponderanti per continuare l’esperienza, il fatto di renderle accessibili aiuta a migliorare il senso d’immersione generale. Renderle dominanti tuttavia rischierebbe di penalizzare l’esperienza personale del giocatore singolo, in quanto necessarie all’avanzamento: in questo caso l’utente avvertirebbe una sensazione di “controllo dall’alto verso il basso”, cioè del sistema verso l’utente stesso, poiché la sua libertà verrebbe penalizzata da un’imposizione.
Tali dinamiche, che rafforzano il meccanismo sociale dell’invito e dell’aiuto da parte di un amico, rappresentano fattori collaborativi che sottintendono a loro volta vanità ed invidia competitive, tipiche di ogni esperienza di gioco. Sebbene la presenza degli amici sia ritenuta “silenziosa”, statistiche, achievement e doni di varia natura rappresentano comunque indizi potenti sull’influenza che il network sociale conferisce al gameplay di ogni giocatore. E’ quindi dei designer il compito di fare in modo che questa pseudo-presenza degli amici divenga una voce attiva nelle decisioni del giocatore, senza costringerlo ad agire secondo schemi preimpostati ma invogliandolo a costruire una rete sociale che migliori l’esperienza ludica senza vincolarla.